Il Settecento a Roma: tra Rococò e Neoclassico

Passepartout, 2006

Philippe Daverio illustra la grande mostra allestita a Palazzo Venezia, "Il Settecento a Roma" (2005-2006) che, con oltre duecento opere, tra dipinti, sculture, pezzi archeologici, arredi, costumi, libri e disegni, ricreava il clima artistico dal Tardo Barocco e Rococò settecentesco, fino alla modernità neoclassica

Appena giunto a Roma da Dresda, subito dopo la metà del Settecento, Johann Joachim Winckelmann, teorico del Neoclassicismo, definiva il clima della città eterna come specchio della massima libertà, superiore a quella degli altri Stati e delle altre Repubbliche 

A quel tempo, infatti, Roma era considerata la capitale della cultura, l’avanguardia delle arti e delle scienze e il crocevia dei più grandi pensatori d’Europa. La pittura Tardo Barocca evolveva verso una maggior grazia e razionalità grazie all’influenza dei principi dell’Arcadia che, nella città eterna, catturarono artisti italiani e stranieri, soprattutto i francesi presenti numerosi. 
Una galleria di ritratti restituiva lo spaccato della società, del periodo storico e culturale e delle mode. Tra questi, quelli del romano Marco Benefial (1684–1764) che con il suo rigoroso realismo catturava un momento eccentrico e sfarzoso nei ritratti dei principi Orsini, Giacinta e il marito Filippo Bernualdo. 
Tra le tante preziose tele provenienti dai musei stranieri, spicca "Apollo e la Fama che incoronano il marchese Pallavicini” (1705), di Carlo Maratta (1625-1713), un dipinto emblematico sia del rinnovamento pittorico in atto a Roma, sia dell’importante personaggio ritratto. Genovese di nascita, ma cosmopolita per educazione, il marchese Pallavicini (1650-1714) era un banchiere di leggendaria ricchezza e insigne mecenate romano. A fine del Seicento, la sua collezione, era segnalata tra le più moderne, con Annibale Carracci, Andrea Sacchi, Pietro da Cortona e Claude Lorrain grandi interpreti del Barocco. Con questi, Pallavicini collezionava anche una centinaia di nature morte, paesaggi e dipinti di soggetto storico che spesso, rappresentavano le più aggiornate tendenze nella pittura romana capeggiata dal suo amico Maratta. Altrettanto celebre era l’arredo del suo palazzo, la dovizia di stoffe genovesi, le sculture di Camillo Rusconi e l’impareggiabile raccolta di argenti di Giovanni Giardini. I tesori di Pallavicini furono contesi ed incamerati nel Settecento dai maggiori collezionisti inglesi e da sovrani di tutto il mondo, complici gli illustri intermediari dell’epoca, da Gavin Hamilton, a Mengs, al Conte Algarotti e Horace Walpole. 

Giovanni Paolo Pannini, Galleria delle attrazioni dell'antica Roma, 1758, olio su tela, 231x303cm., Museo del Louvre, Parigi

Tra le vedute, due famosi dipinti di Paolo Pannini (1691–1765): "Veduta di Roma antica" e "Veduta di Roma moderna", mostrano come antico e moderno convivono nella città: il primo, composto da pezzi di antichità romane, il secondo con squarci suggestivi di “Arcadia” settecentesca.
Del genere “veduta”, spiccano squarci romani dei luoghi più frequentati e famosi: "Piazza Navona durante le ore di mercato", nel raffinato rame del pittore romano Andrea Locatelli (1695 –1741); "Piazza di Spagna" fissata in un disegno, come luogo di ritrovo di artisti stranieri, sempre di Pannini; il "Colosseo" rappresentato con suggestiva lucidità dell’olandese Caspar Van Wittel (1653–1736); il "Porto di Ripetta", ormai scomparso e qui rappresentato dal fiammingo Pieter Van Lint (1609–1690); la "Scala di Palazzo Farnese a Caprarola" (Museo del Louvre, Parigi) del parigino Hubert Robert (1733–1808), un’immagine di interno ricca di ombre e suggestioni già romantiche.
Il Settecento romano fu caratterizzato anche da un’intensa attività edilizia: il "Porto di Ripetta", la "Scalinata di Piazza di Spagna" e la "Fontana di Trevi", solo per citare alcune opere che cambiarono volto alla città (La Fontana di Trevi a Roma); non furono realizzate chiese di nuova costruzione, ma furono restaurate le facciate delle Basiliche di San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e Santa Croce in Gerusalemme (Piazze e chiese del Settecento romano). Inoltre, furono realizzate alcune piccole palazzine d’affitto da Filippo Raguzzini (1690–1771), davanti alla Chiesa di Sant’Ignazio e sul finire del secolo, il grande progetto urbanistico di Giuseppe Valadier (1762-1839) definì la sistemazione di Piazza del Popolo, uno dei più importanti e spettacolari accessi alla città eterna, plasmati con la giustapposizione di strutture architettoniche ed elementi scultorei, in sintonia con il nuovo gusto neoclassico romano.
Tra i dipinti di costume, la fiabesca "Rappresentazione al Teatro Argentina del 1747" (Museo del Louvre, Parigi), e "Estrazione del lotto a Piazza Montecitorio", una curiosa e pullulante commistione di popolo e dame agghindate con abiti, entrambi del Pannini. 
Le feste di gusto esotico ricorrono nelle arti decorative tra cui spicca un abito da sposa con lungo strascico di manifattura romana.  Alcuni curiosi disegni, come "Maschere alla cinese", catturate in un corteo carnevalesco di via del Corso, sono firmati dal francese Joseph-Marie Vien (1716–1809), maestro di David.                                                                    

La Roma cosmopolita crocevia d’Europa fu un modello internazionale, almeno fino ai primi anni dell’Ottocento, per la scoperta dell’antico 

Dalla seconda metà del secolo con l’arrivo da tutta l’Europa di artisti, collezionisti, antiquari e letterati, Roma rappresentava il mondo classico, la principale attrazione per la nuova modernità neoclassica che si andava delineando.
Tra i viaggiatori stranieri, i cosiddetti "milordi", amavano farsi ritrarre nel loro soggiorno romano, a figura intera e sullo sfondo di resti classici e famosi. Al grande ritrattista Pompeo Batoni (1708–1787) si deve la creazione di questo preciso repertorio e schema compositivo, come visibile nei ritratti di Thomas William Coke, Wills Hill e il mondanissimo Conte di Leicester.
Il Settecento romano dà vita anche al primo museo pubblico, quello Capitolino (1734) che la mostra documenta con pezzi archeologici importanti: il colossale "Fauno" di rosso antico e il "Mosaico con lotta di fiere" (oggi ai Musei Vaticani) entrambi del Secondo Secolo d.C. 
Alcune solenni sculture in marmo testimoniano l’entusiasmo per la riscoperta dell’antico che rendeva possibili anche aggiustamenti dei pezzi in chiave moderna: la "Polimnia" (Museo del Louvre, Parigi), restaurata nel Settecento da Agostino Penna e la famosa "Velata" (Gallerie di Palazzo Barberini, Roma) realizzata a metà secolo dal veneto Antonio Corradini (1688–1752). 
Con alcuni disegni di Giambattista Piranesi (Giovanni Battista Piranesi: 1720-1778) e due bellissimi fogli di Heinrich Füssli (1741–1825), ispirati alla Divina Commedia, la mostra chiude sul tema del sentimento visionario e protoromantico
Una scultura di Vincenzo Pacetti, "Napoleone che solleva l’Italia" (Museo di Fontainebleu), esemplifica al massimo come la nuova dimensione imperiale e sovrannazionale dell’Europa napoleonica, veda in Roma e nell’arte classica, una certezza di prestigio e autorevolezza.

APPROFONDIMENTO
Neoclassicismo

FOTO DI COPERTINA 
Giovanni Paolo Pannini, Galleria delle attrazioni dell'antica Roma, 1758, olio su tela, 231x303cm., Museo del Louvre, Parigi